Gela: «Cosa nostra in mano al gruppo Rinzivillo. Nella Stidda l’ascesa dei Cavallo Fiorisi»
di Redazione

È una cupola mafiosa consolidata, divisa in cinque mandamenti: Gela, il più potente della provincia, nel quale convivono gli interessi degli storici clan Emmanuello e Rinzivillo, la Stidda, un tempo clan dei Pastori, oramai non più in guerra con gli storici rivali della mafia in giacca, la terza famiglia, quella legata agli ex stiddari Alferi, e la famiglia di Niscemi, sempre più il evoluzione e con mire di comando nei territori di Gela e Niscemi. Massima l’attenzione delle forze di polizia nei riguardi di tre uomini d’onore di Gela, Mazzarino e Campofranco, che potrebbero rivelarsi determinanti sulle dinamiche interne ai clan e nella riorganizzazione
interna a cosa nostra i cui capi storici sono in carcere o deposti.
È il quadro che emerge dalle pagine della relazione semestrale depositata dal ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, al Senato. Le attività di contrasto delle Forze di Polizia evidenziano come il territorio risenta dell’influenza di famiglie mafiose appartenenti a cosa nostra e stidda le quali tendono generalmente al raggiungimento di accordi per la spartizione del mercato dell’illecito. L’articolazione di cosa nostra nissena rimane invariata. Nella parte settentrionale della provincia sono presenti i mandamenti di Mussomeli, di Vallelunga Pratameno, sotto l’influenza del vecchio boss Giuseppe «Piddu» Madonia e dei suoi sodalie fedelissimi, mentre, sul versante meridionale operano invece i mandamenti di Riesi e Gela. Nell’ambito di quest’ultimo oltre alla famiglia di Niscemi sono attive le locali famiglie di cosa nostra degli Emmanuello e dei Rinzivillo. La stidda continua a conservare un’influenza nei territori di Gela e Niscemi. Dagli atti della relazione semestrale emerge la consolidata supremazia della famiglia Rinzivillo a causa del ridimensionamento degli alleati d’un tempo, gli Emmanuello, molti dei quali in carcere o deceduti, mentre negli equilibri interni della Stidda spicca la scalata al potere dei Cavallo e Fiorisi.
Il circondario – secondo gli investigatori – è afflitto da una allarmante e peculiare situazione criminale, atteso che insistono sul territorio ben tre perniciose e aggressive associazioni mafiose, riconducibili rispettivamente a Cosa Nostra, Stidda e Clan Alferi, che compiono fatti
delittuosi particolarmente inquietanti….”.

Il venir meno di omicidi direttamente riconducibili alla mafia avvalora ancora di più l’inversione di tendenza che le organizzazioni hanno adottato cioè evitare il più possibile episodi di violenza che potrebbero fare “riaccendere” i riflettori su uno scenario criminale che invece agisce ormai subdolamente. Il principale scopo è quello di infiltrarsi in settori produttivi che gestiscono i principali flussi di denaro attraverso l’aggiudicazione di appalti pubblici e privati, forniture e servizi vari o comunque trarre da essi profitti illeciti da reimpiegare anche attraverso il ricorso a prestanome nei canali economici legali. Inoltre i sodalizi mafiosi gestiscono sul territorio il traffico degli stupefacenti, le estorsioni e il riciclaggio.
«Il quadro informativo – si legge negli atti della relazione – costruito in base all’analisi delle attività di contrasto eseguite nel semestre in esame, evidenzia che i reati cardine delle consorterie operanti in provincia rimangono invariati, con una spiccata propensione al traffico di stupefacenti e alle estorsioni. Nel senso, si richiama la sentenza definitiva di condanna emessa, il 4 dicembre 2022 per i reati di associazione di tipo mafioso e di estorsione aggravata al fine di agevolare cosa nostra, a carico di due boss di Niscemi, già tratti in arresto dai Carabinieri nel 2013. Il 16 dicembre 2022, l’Arma e la Polizia di Stato hanno eseguito una misura cautelare nei confronti di 9 soggetti responsabili di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti».
Non solo droga, estorsioni e rapine, ma anche nuovi business, quali la Sanità, il ciclo dei rifiuti, l’immigrazione.
Come dimostra l’inchiesta condotta dalla Guardia di finanza di Palermo nell’ottobre scorso, con l’esecuzione di 11 misure cautelari nell’ambito dell’operazione battezzata con nome in codice «Sorella Sanità» che molto da vicino ha interessato la provincia nissena e ha fatto luce su un sistema di corruzione e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.
I clan hanno da tempo puntato gli occhi sulla gestione dei rifiuti.
«Negli ultimi mesi – si legge nella relazione – è stata individuata un’organizzazione criminale, allo stato non riconducibile a contesti mafiosi, incaricata della realizzazione e della gestione di una discarica abusiva nel comune di Sommatino, all’interno della quale, nel tempo, sono stati depositati rifiuti, anche speciali e pericolosi. In particolare, dalle indagini concluse, dai Carabinieri il 10 novembre 2022 con l’arresto di 6 persone, è emerso un traffico di rifiuti, in parete venduti a un’impresa risultata cancellata dall’albo dei gestori di rifiuti, in parte smaltiti mediante combustione».
La provincia è stata interessata anche da truffe perpetrate in danno di Enti pubblici e privati. Al riguardo, il 5 dicembre 2022, l’Arma dei carabinieri, unitamente alla Guardia di finanza, ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare emessa nell’ambito dell’operazione «Chicane» a carico di 10 soggetti per associazione per delinquere, dichiarazione fraudolenta mediante emissione e utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. L’attività investigativa ha dimostrato come l’organizzazione, mediante la cosiddetta “frode carosello”, avesse ottenuto un indebito risparmio d’imposta di oltre 2,5 milioni di euro, simulando, quindi, vendite di prodotti (quali pneumatici e accessori per auto) di fatto mai
usciti dai magazzini della società venditrice.
L’operazione «Mare Aperto», dimostra l’interesse di gruppi di stranieri, perlopiù nigeriani, tunisini e gambiani, impegnati nel business della gestione degli immigrati. Indagine conclusa con l’esecuzione di un’ordinanza cautelare a carico di 18 soggetti (11 tunisini e 7 italiani) responsabili di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina transnazionale. Un sodalizio attivo in diversi centri dislocati nel territorio siciliano, che avrebbe impiegato imbarcazioni con potenti motori condotte da esperti scafisti operanti tra le coste tunisine e quelle siciliane, mantenendo la base operativa in una masseria di Niscemi, riconducibile a un imprenditore agricolo, raggiunto dalla misura cautelare in carcere poiché considerato uno dei capi dell’organizzazione.
Diversi, nel semestre, i danneggiamenti compiuti mediante incendio, molti dei quali verosimilmente riconducibili a pratiche estorsive che hanno colpito – soprattutto a Gela – attività commerciali (bar, panifici, supermercati, lidi balneari), attività di
servizi e rappresentanti delle istituzioni.
«Il prefetto – si legge nell’atto parlamentare – nel semestre in esame, ha emesso tre provvedimenti interdittivi nei confronti di altrettante aziende per le quali “…è stato ritenuto concreto ed attuale, e non occasionale …, il rischio di infiltrazione mafiosa”. Sono state inoltre eseguite due confische e un sequestro di patrimoni illecitamente accumulati. La prima, il 13 luglio 2022 con la confisca definitiva di beni per un valore di circa 2,2 milioni di euro a carico di un imprenditore gelese, ritenuto in rapporti sia con il clan Rinzivillo che con la Stidda. La successiva il 3 ottobre 2022, con un sequestro integrativo di un immobile, del valore complessivo di 150 mila euro, nei confronti di un soggetto ritenuto “vicino” ai Rinzivillo. Infine, il 18 ottobre 2022, è stata eseguita la confisca definitiva di beni mobili e
immobili, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro, nei confronti di un imprenditore attivo nei settori della ristorazione e dell’agriturismo».
«Si conferma – si legge infine – la perdurante operatività di più articolazioni mafiose sempre
protese alla silenziosa infiltrazione del tessuto sociale ed economico in luogo del tradizionale ricorso a eclatanti atti intimidatori e di violenza».
