Gela: dal carcere un raggio di speranza, detenuti e volontarie realizzano mosaico
di Desideria Sarcuno

Tre eventi in uno nel carcere circondariale in occasione della ricorrenza di San Basilide, patrono della polizia penitenziaria. Nei giorni scorsi, infatti, è stata inaugurata nella cappella dell’istituto, un’opera artistica dedicata a Maria Santissima della Speranza, da cui prende il nome la stessa chiesetta. La mattina dell’inaugurazione, una messa, presieduta dal cappellano don Raimondo Giammusso, celebrata per questioni di spazio, nel salone del penitenziario. Un momento solenne, di raccoglimento ma anche di grande emozione.
A destare lo stupore dei presenti, il mosaico dedicato a Maria, che oggi è possibile ammirare all’interno della cappella. Un progetto nato dalle mani delle volontarie di «Volare Liberi» e delle educatrici, ma soprattutto dei detenuti, che hanno offerto un contribuito decisivo realizzazione dell’opera.
«Tutto – spiega Antonella D’Arma, volontaria e catechista – nasce da una proposta che ci è stata fatta nella sede della Diocesi, quando abbiamo avuto un colloquio con la cappellania del carcere. Volevamo lasciare un’impronta, visibile e tangibile in quest’anno giubilare della speranza».


Così, l’idea di realizzare un murales, per ridar vita e identità alla piccola chiesa del carcere.
Un’opera voluta fortemente da don Giammusso, realizzata con il prezioso contributo di volontari ed educatrici del carcere. E al sostegno del Lions Club Ambiente Territorio e Cultura di Gela, presieduto da Santo Figura e dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, priore balì Alice Infantino. Con queste forze, unite, l’opera d’arte è diventata realtà.
«Nonostante i tagli e le bruciature per realizzarlo, sapevamo che c’era qualcuno più in alto di noi a guidarci. Non sapevamo da dove iniziare. Ma ci siamo dette: se è volontà di Dio andremo avanti e ci riusciremo. Così è stato» spiegano volontarie ed educatrici.

Il mosaico, realizzato con più di seimila tessere in vetro ceramica, prende vita dalla matita di Katerina Bunetta, che ha immaginato il disegno. A sinistra è raffigurato un faro al cui vertice poggia un’ostia maestosa, la quale assume le sembianze di un sole raggiante. Emblema della fede in Cristo, che illumina il mondo intero. La Madonna, a destra, rappresenta invece, l’ancora di salvezza. Una simbologia che non ha nulla di casuale. La chiave di lettura è che ogni uomo di fede, può ritrovare la pace anche quando le acque sono agitate. Attraverso Maria – simbolo di speranza – ecco che dopo la tempesta, è possibile intravedere la terra. Quindi la salvezza. Questo è il significato dell’opera.
Al centro dell’opera prendono forma tre colombe, icone della Trinità, che portano con sé ramoscelli di pace. Una parola difficile – quest’ultima – inafferrabile e lontana, visti i tempi, i conflitti che sembrano non aver una fine. Eppure, un piccolo faro di speranza c’è. S’intravede nel lavoro e nella generosità di chi ha lavorato al mosaico, lo ha reso possibile. Senza dimenticare i veri protagonisti di esso: i detenuti, che con le volontarie, hanno dato una luce del tutto inedita all’opera. Così, giorno dopo giorno, mattoncino dopo mattoncino hanno scoperto in quel tempo una misura nuova, uno scopo. Una rappresentazione che parla di vangelo, e di vita. Una vita vera, vissuta dietro le sbarre.

Dopo la celebrazione di San Basilide, la solennità della messa e l’inaugurazione del mosaico, la giornata ha vissuto il cambio di consegne a capo della polizia penitenziaria. Il comandante Girolamo Frenda, destinato a nuovo incarico, ha ceduto il testimone al nuovo comandante, Francesco Vizzì.
Toccanti le parole di speranza in un messaggio scritto da un detenuto: «Vedendo il mosaico prendere forma e colore ho ritrovato la gioia di sorridere… ma soprattutto la sensazione di libertà che solo il lavoro e l’impegno può dare».
Un faro di pace può illuminare anche le vite più difficili e dolorose, donando nuovo significato.
(Nella foto grande, in alto, da sinistra, Antonella d’Arma, don Raimondo Giammusso, Alessia Carelli e Stefania Faraci. Nel corpo dell’articolo altre foto dell’evento).
