Gela: due licenziati alla Lucauto. E l’inchiesta è ancora in corso. Tutti gli ultimi sviluppi dell’indagine
di Redazione
La notizia appare sui social intorno all’ora di pranzo, sganciata come l’atomica su Hiroshima. È il diretto interessato a scriverla, cogliendo un po’ di sorpresa la platea di Facebook, divisa su ripartenza e mascherine, Decreto Crescita e sfiducia a Bonafede. «Dopo 36 anni mi ritrovo disoccupato, sono stato licenziato». A scrivere è Michele Guastella, fino a ieri manager dell’area pubblicità e marketing della Lucauto Srl. La sua pagina in pochi minuti si riempie di messaggi di solidarietà.
Dieci mesi e 20 giorni fa un’inchiesta aveva scosso il mercato locale dell’automotive e forse anche quello siciliano, essendo che Lucauto, per fatturato e volumi di vendita, è uno dei colossi dell’intera regione. È il primo luglio quando la Direzione Antimafia di Caltanissetta fa saltare il tappo su una vicenda di mafia e affari, favori e prebende. Rotolano diverse teste. Quella del patron, Salvatore Luca, del figlio e del fratello, tutti agli arresti. Altri quattro componenti della famiglia vengono sottoposti a misure più lievi: la moglie, la figlia, il genero e la cognata di Luca. L’inchiesta lambisce anche un vicequestore di Pubblica Sicurezza. Insomma roba grossa.
Poi una serie di sviluppi sui quali ci soffermeremo più avanti.
A capo delle aziende viene nominato un amministratore giudiziario. Lo stesso che oggi ha notificato a due dipendenti, Guastella e un suo collega, la lettera di licenziamento.
«No comment» è la risposta del neo disoccupato, tanto amareggiato quanto deluso. Proviamo a scavare nei dintorni e una fonte riferisce che si tratterebbe di un atto dovuto. Dovuto al fatto che i due dipendenti sarebbero in rapporti di parentela con due distinti indagati. Quindi oggi incompatibili con quell’impiego in azienda.
Insistiamo. Altro «no comment», anche se a denti stretti ci viene fatto sapere che la pratica di licenziamento è già al vaglio di un legale. Il quesito sul quale si arrovella uno dei due licenziati è il seguente: «Come mai il provvedimento arriva dopo dieci mesi?» Mesi durante i quali i due, soprattutto Guastella, avrebbero goduto della massima fiducia (compreso – sembra – l’utilizzo delle chiavi dell’autosalone). Se ci sarà un ricorso ai licenziamenti le risposte a queste domande è da lì che arriveranno.
Altre carte, dunque, che andranno ad accrescere i voluminosi faldoni del caso Lucauto.
Di carte d’indagine, ve ne sono a quintali nell’inchiesta madre, quella culminata con gli arresti.
I sette indagati, nel frattempo, sono tornati liberi.
Gli arresti (tre) vengono annullati il 31 gennaio scorso, con ordinanza del Tribunale del Riesame di Caltanissetta che approva le tesi che la difesa aveva portato a far valere prima davanti allo stesso Tribunale – respinte – e poi davanti alla Cassazione (accolte).
Vengono eccepiti, sul piano formale, elementi relativi all’attendibilità di un collaboratore di giustizia, il quale, in altro procedimento, aveva reso dichiarazioni di segno differente.
Siamo a tre mesi fa o poco più. L’annullamento dell’arresto ai tre Luca apre la strada alla revoca dei provvedimenti cautelari nei confronti degli altri quattro indagati.
L’inchiesta prosegue, oggi è in piena fase istruttoria. Le ipotesi di reato sono gravi e articolate. Il prossimo passo potrebbe essere l’avviso di chiusura delle indagini. Decideranno i Pm. E, successivamente, ci sarà l’eventuale richiesta di giudizio.
Questo sul piano dei provvedimenti cautelari personali.
Poi ci sono i sequestri. E a quel punto i due piani sui quali si dipana la maxi inchiesta pur essendo paralleli non sono necessariamente coincidenti. Tant’è che mentre sulle libertà individuali l’inchiesta ha avuto un suo evolversi, sul fronte dei provvedimenti cautelari inerenti i diritti reali (le società, i beni) nulla è cambiato rispetto al primo giorno. Le aziende sono sotto amministrazione giudiziale.
E quindi cosa cova sotto le fondamenta e nel futuro di questo (ex?) colosso dell’auto, con 10 dipendenti, un indotto di carrozzieri, meccanici, fornitori e un fatturato a 7 cifre?
Preferiamo non avventurarci a chiedere interviste che, in casi come questi, andrebbero autorizzate. Come è giusto che sia. E occorrerebbero giorni che il tritacarne mediatico non concede. Né vogliamo rubare tempo a chi in questi mesi sta provando a salvare le aziende del gruppo.
Ma basta passare dalla 117Bis per vedere che i fasti d’un tempo sono solo un lontano ricordo. Il parco auto sembra dimezzato. Volumi ridotti.
«Le vendite – ci dice una fonte, un ex fornitore – da quel che mi risulta solo calate di molto».
Se negli anni d’oro Lucauto sfornava fino a 800 auto l’anno, forse anche di più, destinate ai vari mercati, quei numeri non ci sono più. L’inchiesta ha segnato un ridimensionamento. Era fisiologico. E l’epidemia Covid 19 e le relative chiusure di queste settimane non hanno di certo aiutato.
Non fa piacere a nessuno. Né alle parti in causa né a chi è chiamato ad applicare le leggi o gestire una fase transitoria. E come in ogni inchiesta che tocca il tessuto economico ci sono inevitabili conseguenze.
Ma i fornitori che accampano crediti sarebbero diversi.
E da stamattina ci sono due dipendenti con la valigia in mano.