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ALZHEIMER | Storie

Gela: il dramma della malattia in età ancora giovane. La moglie: «Le nostre vite spezzate»


di Redazione

Gela: il dramma della malattia in età ancora giovane. La moglie: «Le nostre vite spezzate»
attualità
14 Gen 2022

Il vuoto attorno, dolore e rabbia, senso di abbandono e solitudine. È quello che affronta in questi mesi una famiglia gelese che vive il dramma dell’Alzheimer. Oggi raccontiamo di Gianni, 64 anni, gli ultimi sette dei quali vissuti nella morsa di un male invisibile. Un disagio che cresce giorno dopo giorno, mese dopo mese, e travolge il malato e le persone più vicine. È la moglie, Franca, a rompere il silenzio e trovare il coraggio di parlare a un giornale.
Perché?
«Bisogno dare voce e visibilità – dice – al disastro sanitario che vive Gela, non riconducibile alla situazione pandemica. Nel mio caso si tratta di assenza totale di servizi al malato di Alzheimer e sostegno sociale alla famiglia, specialmente al caregiver familiare, ovvero, alla persona che si prende cura giornalmente del paziente».
Il tunnel della malattia inizia a materializzarsi nel 2015.
«Gianni – racconta la moglie – inizia a dare i primi segni tangibili di malessere. Dopo mesi di giri, tra centro Salute mentale, diagnostica per immagini, Uva (unità di valutazione Alzheimer) di Gela, ancora altri esami diagnostici, neurologi e ospedalizzazione a Caltanissetta. Tutti accertamenti che danno una diagnosi incerta».
Nel 2019 il ricovero all’istituto «Besta» di Milano dove i medici mettono nero su bianco la diagnosi. E prescrivono cure oltre alla necessità di far seguire il paziente in un centro vicino casa.
Gianni torna a Gela, la moglie sempre al suo fianco, sperano nelle cure, sperano di poter combattere.
«Immaginavo – dice Franca – un team multidisciplinare che potesse accoglierci, aiutare, insegnare a gestire la malattia. Alla locale Asp trovo invece una sola stanza dedicata con un medico geriatra disponibile una o due volte alla settimana. E una segretaria. Il geriatra serve a firmare eventuali ricette per i farmaci o ausili vari per le diverse altre patologie dell’anziano».


Ancora sotto choc per la diagnosi infausta i familiari di Gianni prendono contatto con le difficoltà del sistema sanitario. Poi arriva il Covid e spegne tante altre certezze.
«Chiudersi in casa ¬ racconta – a causa della pandemia, senza poter vedere, incontrare e godere dell’affetto degli amici e dei pochissimi parenti ha danneggiato molto mio marito».
Mese dopo mese la malattia emerge con sintomi sempre più chiari.
Gianni perde il suo status di uomo apprezzato, lavoratore, persona impegnata in famiglia e nelle sue passioni; assume la condizione di malato di Alzheimer. Seppure in età ancora giovane.
Nel 2019 chiede il prepensionamento dal lavoro per inabilità che arriva a febbraio 2020. Ne consegue la sospensione della patente di guida e il riconoscimento dell’invalidità.
Nel 2021 il tunnel si trasforma in abisso.
Non peggiora solo la sfera cognitiva, affiorano anche problemi comportamentali: ostilità, ossessioni, vagabondaggio, aggressività. Tutte problematiche da gestire in famiglia.
«Nell’estate scorsa – racconta Franca, molto provata dall’esperienza – mio marito viene ricoverato al pronto soccorso dopo una cura farmacologica che aveva funzionato per quattro mesi circa».
«L’Asp è del tutto sprovvista – riferisce – di neurologo e geriatra per il seguito del piano terapeutico: senza la firma di uno specialista non possiamo usufruire gratuitamente di un farmaco. Contattiamo il direttore della struttura che “cade dalle nuvole”, non conosce il “buco” però si attiva ad aiutarci. L’indomani ci danno una buona opzione, recarci a Mazzarino».
A dicembre, però, l’umore del paziente peggiora nuovamente fino a sfociare in atti di violenza contro chi si trova in casa. La moglie e i figli sono costretti a chiudere la porta a chiave per evitarne la fuga. Tre volte in quattro giorni fanno accesso al pronto soccorso.
«Chiediamo – dice la donna – un ricovero fino alla stabilizzazione perché in casa non riusciamo a somministrare come si deve l’articolata terapia con sedativi. Tra una somministrazione e l’altra si verificano episodi di aggressività. Noi familiari al terzo accesso al pronto soccorso ci rifiutiamo di riportarlo a casa in condizioni di non sicurezza. Psichiatria a Caltanissetta rifiuta un paziente neurologico, e a quanto pare la neurologia a Gela, non può sostenere manifestazioni psichiatriche nel malato neurologico»
Soluzione? Trasferimento in una Rsa con cosiddetto “modulo Alzheimer” la famiglia di Gianni scopre essere mancante in provincia di Caltanissetta.
Il paziente rimane al pronto soccorso quattro giorni, sedato, in locali affollati, con oltre il doppio dei pazienti ricoverati rispetto alla disponibilità effettiva.
Se vogliono stargli vicino – riferisce la moglie – devono ricoverarlo in struttura, senza convenzione, a circa 1.600 euro di retta al mese. Ma è in quei giorni che con un po’ di fortuna apprendono dell’esistenza di due centri convenzionati, però lontani da Gela: Naro, in provincia di Agrigento e Leonforte, nell’Ennese.

«Da circa due settimane– dice Franca – mio marito è ricoverato a Leonforte, un’ora e mezzo di macchina da casa. Siamo già stati alcune volte a trovarlo: io, i figli e la sorella. Lui, disperato, quando ci vede. Noi lacerati dal dolore di non poterlo accudire con il nostro amore. Fino a due settimane fa voleva uscire, abbiamo visitato amici felicemente, parlava, chiedeva, gioiva al suono del citofono in attesa di vedere gente per sorridere e chiacchierare. Adesso può vederci due volte alla settimana dietro un panello di plexiglass. E noi che cerchiamo di cantare, ricordargli le persone, la sua amata regione d’origine, videochiamiamo il fratello lontano, gli facciamo sentire i suoi cantanti e la musica preferita, uscendo fuori uno per volta a scaricare le lacrime e la disperazione fuori dalla sua vista».
«Fosse ricoverato a Gela o dintorni avremmo compiuto questo rito di sollecitazione del residuo dei suoi sensi ogni giorno fino a una sperata stabilizzazione ed eventuale ritorno a casa. Invece rischiamo il suo peggioramento per mancanza di tutto questo. Leonforte è in montagna, tra qualche giorno ci può essere neve e ghiaccio sulla strada e noi siamo angosciati dall’idea che non potremo raggiungerlo senza rischi e comunque con tanto rallentamento. Adesso con il sole di gennaio ci mettiamo un’ora e mezza in macchina, dopo?»
È una storia di dolore e di emozioni, quella che Franca decide di raccontare a cuore aperto a Today24. Parole di rabbia e impotenza per servizi assenti che peggiorano il disagio di chi, paziente e familiari, affrontano la malattia.
«Trovo grave – dice – che in provincia non esista una struttura dedicata ai pazienti come Gianni. Ancor più grave è la mancanza di informazioni istituzionali sulle centri convenzionati e procedure da seguire: solo per caso abbiamo saputo dell’esistenza di queste due Rsa».
Un appello infine, per chi ci amministra e governa.
«Più che sperare che direttori vari – conclude Franca – sciolgano i loro cuori vorrei sperare che potessero sciogliere il portafoglio, se ne hanno disponibilità. Altrimenti dovrebbero subito attivarsi per cercare, pretendere, convogliare e amministrare risorse economiche per creare strutture di sostegno all’ammalato e ai familiari. A Gela e in provincia».
I nomi sono di fantasia, la storia, invece, è perfettamente fedele alla dolorosa realtà.
Con Franca il contatto è stato attraverso il web, per motivi di privacy e per le note limitazioni dovute al Covid.
La storia e le parole ci hanno colpito ed emozionato nell’immaginare un animo in pena dietro a una tastiera: donna, sposa, madre, cuore in tumulto e volto rigato di lacrime.


Redazione
Today 24 è un quotidiano on line indipendente, fondato nel 2014 da Massimo Sarcuno. Ogni giorno racconta i fatti e le notizie di Gela, Niscemi, Riesi, Butera, Mazzarino e di molti altri comuni del comprensorio. In particolare l’area del Vallone.