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DECRETO | Lotta alla mafia

Gela: il pastore con i gradi di boss, la polizia confisca terreni, gregge e conto corrente


di Redazione

Gela: il pastore con i gradi di boss, la polizia confisca terreni, gregge e conto corrente
cronaca
6 Mag 2022

Agenti della divisione Anticrimine della Questura hanno dato esecuzione a un decreto di confisca, emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale, nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico di Maurizio Trubia, 50 anni, già noto alle forze di polizia. Con il provvedimento sono stati confiscati tutti i beni in sequestro, compresa ogni accessione e pertinenza, per un valore complessivo di circa 500 mila euro, nonché quelli intestati alla moglie e a lui riconducibili.

Sono stati confiscati un’impresa di allevamento di bestiame (ovini e caprini), con l’intero complesso aziendale, 15 terreni e 4 fabbricati, ubicati nel territorio di Gela. E inoltre 2 depositi a risparmio e 2 conti correnti.

Secondo gli agenti della sezione misure di prevenzione patrimoniali della divisione Anticrimine della Questura, l’ammontare dei beni nella piena disponibilità del cinquantenne, risultava sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati e alle ulteriori entrate lecite.

Nel novembre del 2019 il questore aveva avanzato proposta per il sequestro dei beni, facendo emergere l’illecita provenienza degli introiti utilizzati per il loro acquisto.

Il destinatario del decreto di confisca, già sorvegliato speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, pluripregiudicato per diverse tipologie di reato, ha manifestato le proprie condotte antisociali con continuità e ha votato tutta la propria vita, a partire dalla maggiore età, alla commissione di crimini, anche di notevole allarme sociale.

Numerosi collaboratori di giustizia lo hanno indicato quale soggetto appartenente a “cosa nostra” e specificatamente del “clan Emmanuello”. In particolare, in seno alla compagine mafiosa, il predetto è arrivato a ricoprire il ruolo di “reggente” fin dalla morte del boss Daniele Emmanuello (2007), assumendo anche il ruolo di coordinamento degli affari di “cosa nostra”.

L’uomo è stato condannato alla pena di otto anni di reclusione, per associazione di tipo mafioso, con sentenza del Tribunale di Caltanissetta del luglio 2010, confermata dalla locale Corte di Appello e divenuta irrevocabile nel settembre del 2013. Sempre, con sentenze irrevocabili, è stato condannato per ricettazione, detenzione e porto di armi da sparo, furto e pascolo abusivo.


Redazione
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