Dalle immense distese della zona di Vittoria e del Ragusano al Nisseno: Gela a Riesi, da Mazzarino a Vallelunga. Una zona di vini rossi, freschi e speziati, tra profumi di ciliegie e forti essenze speziate. E il Nero D’Avola, soprattutto quello prodotto tra le province di Ragusa, Caltanissetta e Agrigento, ha vissuto una grande annata, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Considerato il vitigno a bacca nera più importante della Sicilia, oggi è presente in modo esteso in tutta l’isola e risulta essere il più coltivato nelle provincie di Ragusa, Agrigento e Caltanissetta. Proprio qui, tra Riesi e Canicattì, hanno sede le principali cantine di Nero d’Avola d’Europa. Ma anche Ragusa offre una gran varietà di etichette.

Secondo quanto evidenziato dal Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia, ben 14.749 ettari di superficie vitata in tutta la Sicilia hanno prodotto 49.471.172 bottiglie certificate, circa 10 milioni in più rispetto al 2018.

Al Nero D’Avola è stata dedicata una serata di degustazione, con circa 40 giornalisti da tutta Italia, in abbinamento alle pietanze dello chef Carlo Cracco nel suo ristorante in Galleria a Milano.

Custodire il “Vigneto Sicilia”, produrre viti siciliane dotate di certificazione che ne attesti l’integrità sanitaria e l’identità varietale e dare valore e sostegno alla qualità dei vini siciliani, rappresenta l’obiettivo del progetto “Valorizzazione del germoplasma viticolo” presentato nel corso della serata, promosso e sostenuto dal Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia in partnership con il Dipartimento regionale dell’Agricoltura della Regione Siciliana, l’Università degli Studi di Palermo e il Centro regionale per la conservazione della biodiversità viticola e agraria «Paulsen». Il progetto ha lo scopo di conservare la biodiversità generata dai 3.000 anni di viticoltura nell’isola e le sue varietà autoctone e di intervenire a monte della filiera vitivinicola, dotando i vivaisti di materiale di base da cui ottenere un prodotto certificato da vendere alle aziende.