I medici dell’unità di Rianimazione dell’ospedale «Sant’Elia» di Caltanissetta ieri sera hanno sospeso la procedura di accertamento per morte cerebrale nei confronti di Zelia, l’insegnante di 37 anni ricoverata venerdì scorso con emorragia indotta da trombosi. La giovane donna, circa 15 giorni fa, si era sottoposta alla vaccinazione anticovid (prima dose). I medici, durante l’esecuzione degli esami strumentali, hanno rilevato un’attività cerebrale, seppur residua. E proprio a questa si aggrappano i familiari, gli amici, una città intera, che sperano e pregano per questa giovane e sfortunata concittadina.

«In casi come questo – spiega un operatore sanitario – si procede con l’esame elettroencefalico e in presenza di una traccia, seppure ridotta, si interrompe l’accertamento».

Intanto al dolore si assomma la rabbia, il dubbio che possa essere stata proprio la vaccinazione a indurre questa reazione a catena, che ha gettato portato una donna sana e piena di vitalità in un letto di Rianimazione.

Oggi l’Oms ha sancito nuovamente il principio che «i benefici del vaccino Astra Zeneca superino i rischi e quindi raccomanda di continuare con le vaccinazioni».

Bisognerà però spiegare e spiegarci come sia possibile il dramma che ha colpito Zelia e i suoi familiari. Peggio, il destino toccato al poliziotto di Catania, al militare di Augusta, al carabiniere di Trapani, quest’ultimo stroncato da un infarto, ma nei giorni successivi alla vaccinazione.

Nelle prossime ore, al di là del pronunciamento dell’Oms (organismo delle Nazioni Unite, che non ha potere sulla somministrazione negli stati membri), dovrà pronunciarsi l’Aifa e prima ancora l’Ema.

È probabile che il verdetto sarà favorevole alla ripresa della somministrazione di Astra Zeneca in Italia. Ma con quale spirito e quali garanzie i cittadini accetteranno di sottoporsi a questa seppur decisiva campagna di vaccinazione?