Gela: soccorritori, autisti e infermieri del 118. Eroi normali in prima linea «La paura c'è ma andiamo avanti»
di Redazione
Diciotto eroi normali. Diciotto cuori che battono, perché la passione in queste condizioni estreme va oltre il lavoro. Sono i soccorritori del 118. Li vediamo sfrecciare sulle ambulanze: autisti, paramedici, personale sanitario. Sono la prima linea in questi giorni di emergenza SarsCov2. E spesso operano in condizioni difficili. In tutta Italia scarseggiano i dispositivi di protezione individuale e volte pure loro devono accontentarsi di una semplice mascherina chirurgica. Di quelle che ben che vada ti proteggono al 60-70 per cento. Al resto ci deve pensare il Padreterno, che li assista sempre.
«L’altra sera – racconta una di loro – abbiamo preso in consegna un signore che aveva 40 linee di febbre. Non nascondo che sono momenti difficili. Immagino i colleghi del Nord, quelli che operano nelle zone rosse. Eppure ci sentiamo un po’ abbandonati a noi stessi. Siamo la prima linea, sottoposti a uno stress psicologico notevole. “E se il prossimo fosse positivo?” pensi. Ma dobbiamo andare avanti».
C’è rabbia nelle parole dell’operatore.
«Vediamo volontari – dice con amarezza – ai quali portano perfino la colazione. A noi neppure una bottiglietta d’acqua. Ma ci può stare. Non è il caso di attaccarsi a queste cose. Poi però accade che uno di noi sbagli una mossa e devi perfino beccarti un provvedimento disciplinare».
Il riferimento è a un recente caso accaduto in zona. In occasione di un recente trasferimento di un malato positivo al Coronavirus (non di Gela, ma del circondario) un soccorritore e due Vigili del fuoco di un comando vicino non avessero la mascherina bene aderente. Nelle concitate fasi di un soccorso può accadere. Qualcuno ha scattato una foto e i tre lavoratori sono sotto scopa.
Cornuti e mazziati si direbbe a Napoli.
«Abbiamo l’impressione di combattere contro i mulini a vento» rincara la dose un infermiere. «Il Governo – afferma – emana direttive e leggi ma 3 miliardi per la Sanità in queste condizioni rappresentano un intervento inadeguato. Ben che vada ci daranno 100 euro in busta paga. Io personalmente li spenderò in mascherine e altri dispositivi. Ritengo ad esempio vergognosa la direttiva sulla sorveglianza sanitaria degli operatori. In teoria se uno di noi viene a contatto con un positivo può continuare a lavorare in attesa del tampone. Follia».
La tensione è fortissima dopo che l’ospedale Vittorio Emanuele è stato dichiarato Centro Covid19 con 8 posti letto in Terapia Intensiva e altri 8 in Malattie Infettive.
Circolano voci, anche messaggi di sedicenti addetti ai lavori circa l’imminente arrivo di malati di Coronavirus da gestire a Gela a partire da venerdì. Fake news. Nulla. Ancora bisognerà attendere diversi giorni perché i locali e i percorsi di transito dei malati, visto l’elevato grado di contagiosità del virus, devono essere messi in sicurezza. E servono lavori, agli impianti soprattutto. Lavori che sono in corso e che difficilmente saranno conclusi prima della settimana prossima. Almeno.
Ma rimane un punto. Gela è Centro Covid19 e quindi o per contagio (speriamo mai) o per dovere gestire casi provenienti da altri comuni della zona con il Coronavirus dovrà convivere.
Speriamo sempre in condizioni di massima sicurezza.