Niscemi, ragazzino pestato in Piemonte. L’aggressore condannato a un anno e sei mesi
di Redazione

È stato condannato a un anno e 6 mesi di reclusione, oltre al pagamento di risarcimenti in via provvisoria per circa 20 mila euro, un giovane, oggi 24enne, accusato di aver compiuto un pestaggio in piena regola nei confronti di un ragazzo di Niscemi. Spedizione compiuta con la complicità di altri. La sentenza è stata pronunciata stamane dal giudice Beatrice Alesci del Tribunale di Verbania. L’imputato non potrà beneficiare della sospensione condizionale della pena. Riconosciuto, inoltre, il danno materiale alla vittima e quello morale alla madre. Il pestaggio avvenne ad Arona, località del Piemonte sulle rive del lago Maggiore. La vittima (T.F. le iniziali), di Niscemi, oggi ventunenne, la sera del 12 luglio del 2020, venne affrontata e brutalmente colpita da un gruppo di teppisti. Pare si trovasse nella zona del lago per una festa e casualmente si fosse imbattuto in quel branco. Per spaventarlo avrebbero prima tirato fuori un coltello e glielo avrebbero mostrato, senza usarlo, poi lui avrebbe cercato di scappare, ma sarebbe stato inseguito: una volta raggiunto, in tre lo avrebbero preso a calci e pugni in faccia.
Sembrerebbe che poco prima dell’aggressione il quindicenne fosse intervenuto a difesa di un altro minore, anche lui preso di mira dallo stesso trio. Questo atto di coraggio, forse, l’elemento scatenante della brutale aggressione.
Ferito e privo di conoscenza, era finito in ospedale, con prognosi di 40 giorni, fratture al volto e, soprattutto, un decorso ospedaliero lungo e complicato. Per settimane non era stato in grado di mangiare da solo, per via del colpo subito alla mandibola e la madre lo aveva dovuto assistere e imboccare col cucchiaino. I medici, per ridurre le sue sofferenze, lo avevano dapprima sedato e poi indotto in coma farmacologico per diversi giorni.
Stamane la conclusione del processo di primo grado.
Nel corso delle indagini era stato sentito anche un teste, un ragazzo straniero naturalizzato italiano, che aveva ricostruito alcune fasi della vicenda: avrebbe visto il minore che scappava, inseguito da un giovane con un coltello, poi vedendolo ferito lo aveva soccorso. «Era magro – aveva riferito in aula – piccolino, aveva una camicia bianca tutta insanguinata e sembrava morto. Non ho visto la fase del pestaggio, ma secondo me sono stati loro». Altri due procedimenti, a carico di altrettanti ragazzi, sono stati definiti in altra sede. Un altro dei presunti aggressori (G.D. le iniziali), ha patteggiato un anno e 2 mesi, mentre il terzo (P.F.) è imputato davanti al gup del Tribunale per i minori di Torino. Ha ammesso le sue colpe – è quello che impugnava il coltello – e il giudice gli ha concesso la messa alla prova.

L’avvocato Salvo Macrì del foro di Gela, rappresenta la parte civile, ovvero il ragazzo ferito e la madre. Entrambi, madre e figlio, sono tornati a vivere in Sicilia. In Piemonte si erano trasferiti per qualche anno, per seguire il capofamiglia, imprenditore nel settore dell’ortofrutta. La famiglia ha patito, oltre ai traumi, al grosso spavento, le sofferenze del lungo periodo di accudimento del ragazzo nelle fasi della ripresa. La parte civile aveva chiesto 50 mila euro di risarcimento provvisorio per il ragazzo picchiato e 15 mila per la madre, in attesa di eventuale procedimento in sede civile. Il giudice ha concesso un congruo ristoro in sede provvisoria: 15 mila euro al giovane e 5 mila euro alla madre. Somme che potranno essere oggetto di separato giudizio in sede civile.
«La sentenza – dice l’avvocato Macrì a Today 24 – riconosce la responsabilità anche dell’ultimo imputato ancora da giudicare e, oltre al danno della vittima diretta del reato anche il danno morale di un soggetto terzo, la madre, per le sofferenze patite per avere visto e accudito un figlio in condizioni fisiche disastrose per superare le quali la signora ha dovuto far fronte alle necessità con forza di volontà, dedizione e coraggio senza pari. Non capita spesso nella giurisprudenza di veder riconosciuto il danno morale a soggetto diverso dalla vittima del reato. Piena soddisfazione dal punto di vista professionale per una vicenda che ha dato prova di massimo squallore».
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