Gela: il pavimento che scricchiola, le preghiere del vescovo, la protesta dei fedeli. Tutti uniti per salvare la Chiesa
di Redazione

Le mura scricchiolano, solida invece, anzi sempre più fervida la fede dei parrocchiani che da stamattina e per almeno tre giorni staranno sul sagrato a difendere un loro diritto essenziale: avere una Chiesa. Benvenuti ai Salesiani, non una parrocchia, forse più un’isola urbana nella città, dove dietro l’insegnamento di don Bosco si sono formate intere generazioni. Oggi quegli stessi uomini e donne, e soprattutto quei giovani, sono al fianco del parroco, Paolo Terrana, dei sei confratelli, i quali da stamattina sono senza un luogo di culto.
«La nostra chiesa non si tocca – ci accoglie il vocione baritonale di Luigi Paci, residenza a San Rocco, ma affetti e cuore a San Domenico Savio – sappiano che non molleremo fino a quando la chiesa riaprirà i battenti».
Il problema non è “se o quando” bensì “come”. Il portale della chiesa potrebbe infatti riaprire tra qualche giorno, in via temporanea, in attesa dell’esito finale di esami dettagliati sulle strutture che una ditta specializzata eseguirà a partire da domattina, con attrezzature all’avanguardia.
L’origine del problema.
Un mese fa vennero giù calcinacci dalla navata Ovest. Fu l’ennesimo segnale («divino?», ironizza qualcuno, scherzandoci fino a un certo punto).
«Ero solo in chiesa – racconta un parrocchiano – e sentii un botto. Entrai e vidi i calcinacci piovuti sul pavimento. Il tempo di avvisare i religiosi per fare delle foto e udii un altro boato ancora più forte».
Era parte del controsoffitto, che si abbatteva sconfitto al suolo. Per fortuna in una Chiesa deserta. Così non ci furono feriti. Solo danni.
Ma la storia della chiesa che un po’ scricchiola, almeno nella sua navata Ovest (il resto appare solida), è abbastanza in là negli anni.
Tanto che don Paolo, appena nominato parroco, decide di far eseguire un primo esame delle strutture alla Sidercem, azienda di sicura affidabilità. Siamo nel 2016. I tecnici campionano una decina di colonne della chiesa ed eseguono dei saggi sul cemento. Emerge che le colonne 1, 2, 7 e 8 della chiesa presentano delle criticità. Una successiva relazione tecnica che parrocchia e Vescovado affidano a un ingegnere strutturista, conferma le risultanze e consiglia uno studio più approfondito.
Il sospetto è che durante la costruzione della chiesa, tra il 1957 e il 1964 (data di apertura al Culto) sia stato utilizzato del cemento depotenziato.
Con questo peso sul petto il parroco non si dà pace e inizia a sollecitare interventi. In questi anni ha scritto al presidente della Repubblica (due volte), ai sindaci (quattro volte) e a varie autorità.
Deve scapparci l’incidente per fare qualcosa? No. Nessuno lo vuole, né tanto meno il vescovo, Rosario Gisana, il quale, ieri sera, a margine dei festeggiamenti in onore della Patrona e molto a malincuore, ha deciso di chiudere la chiesa. E da stamattina è iniziato il sit in pacifico dei fedeli.
Soluzioni.
Domani iniziano le indagini strutturali con i termoscan. Venerdì, in municipio, si terrà un incontro alla presenza del vescovo e del parroco. Lo ha indetto il sindaco, Lucio Greco, che fin da subito si è interessato al caso e stamattina ha eseguito un sopralluogo, accompagnato da don Terrana e dall’ingegner Dario Barbarino (per la parrocchia) e dagli assessori Ivan Liardi (Lavori pubblici) e Cristian Malluzzo (Beni culturali).
Quattro le possibili soluzioni.
La prima poggia il suo perché sulla speranza che il problema statico si riferisca alla sola navata Ovest, che in quel caso dovrà essere rifatta. Ma i cedimenti del pavimento non lasciano sereni sacerdoti e tecnici. Soprattutto alla luce del sospetto cemento depotenziato. E allora, vale la pena spendere un mucchio di quattrini per rifare mezza chiesa? Non sarà meglio spendere un po’ di più per rifarla da capo? Quella della ricostruzione dell’intera chiesa appare la soluzione più razionale e praticabile. E allora si aprono altri tre ulteriori scenari. Eccoli
- La Cei finanzia può finanziare la ricostruzione dell’attuale chiesa. Solo che il sedime su cui sorge è del Demanio dello Stato, dato in comodato. La Parrocchia, pertanto, dovrebbe riscattarlo (acquistarlo) ricomprando anche la chiesa soprastante per poi demolirla. Un’operazione onerosa e al limite del delirio. Da scartare.
- La parrocchia riscatta, dal Demanio dello Stato, la striscia di terreno a Est, che costeggia la via Ragusa e lì costruisce una nuova chiesa. Soluzione complessa (e onerosa), che non risolverebbe il problema dell’attuale basilica che deve essere ristrutturata o demolita.
- Terza ipotesi, la più caldeggiata dal vescovo e dal parroco. Il Comune cede il terreno di fianco, a Ovest, ove adesso sorge la casa del Fanciullo. È un’area appartenente al Demanio Comunale. Qualora venisse ceduto in comodato per 99 anni, in forza di un rapporto a lungo termine, la Cei potrebbe finanziare senza ostacoli i lavori della nuova chiesa attraverso la demolizione e ricostruzione della strutture attuali. Nuovo progetto, nuova chiesa. «Solo che sul punto del comodato gratuito in municipio, da circa quattro anni, cincischiano» racconta dalla viva voce un parrocchiano.
In che senso? Hanno qualche dubbio. E anche legittimo. Temono che il comodato gratuito esponga l’ente a una procedura da parte della Corte dei Conti. E, in second’ordine, che si possa dire, perché ai Salesiani sì e a quell’altro no? Ma dalla parrocchia, leggi e codici alla mano, fanno sapere che esiste un un Dpr del 2005 (il numero 206), secondo il quale lo Stato, e i suoi organi (comuni) possono concedere immobili e terreni in comodato gratuito a vari soggetti e per scopi meritori: università, regioni, istituti scolastici e… enti religiosi per scopi legati al Culto. Più culto di una chiesa?
Sulla materia esistono diverse sentenze confermative. Quindi la cessione del terreno dal Comune alla Chiesa per 99 anni potrebbe essere l’ipotesi più semplice e percorribile.
Per questo il vescovo in prima persona venerdì, nel corso dell’incontro, pregherà i governanti affinché si arrivi a una soluzione.
I fedeli reclamano la loro chiesa, il parroco vuole metterla in sicurezza, la Cei è pronta a finanziare l’opera, il vescovo rivendica una soluzione. E dal comune filtra disponibilità. Venerdì potrebbe esserci la svolta decisiva.
Attendere ancora o peggio perdere la possibilità di un grosso finanziamento sarebbe un errore. Se non un… peccato.
