Un destino crudele, un’altra famiglia devastata dal coronavirus. È morto nella notte un autotrasportatore ricoverato da giorni nell’unità per Intensivi del Covid Center, al «Vittorio Emanuele». Non ce l’ha fatta. È la vittima numero 52 di questo virus malevolo e contagiosissimo che talvolta viene sottovalutato e dal quale potremmo proteggerci con comportamenti più attenti: la distanza fisica, l’uso della mascherina, le mani igienizzate continuamente. Purtroppo, quella del camionista deceduto ieri, non è una morte come altre seppure tutte tristi, che hanno spezzato il cuore a tante famiglia, a prescindere dall’età della persona deceduta.

No, perché pochi giorni fa, il 27 gennaio, sempre nello stesso Covid Center, era morto un suo fratello. Entrambi autotrasportatori, poco più che cinquantenni.

Due uomini dello stesso nucleo familiare, accumunati da un destino crudele. Che avevano vissuto il decorso ospedaliero in una stanza di rianimazione, l’uno accanto all’altro. Nessuno dei due ce l’ha fatta. Avevano una forma molto aggressiva del virus. Che in un soggetto di 50-60 anni, unita ai normali acciacchi derivanti da quell’età, può rivelarsi fatale. E spesso lo diventa, come nel loro caso.

Una storia, quella dei due fratelli, che ricalca quella di un’altra famiglia di Gela e i dramma da loro vissuto, consumatosi a inizio novembre: padre, madre e infine il figlio di 52 anni, uccisi dal Covid nel giro di dieci giorni.

Adesso un’altra vicenda di sofferenza e morte. Altre vite, relativamente giovani, nel pieno delle forze, stroncate da una malattia che speriamo venga debellata al più presto.