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Niscemi, progetto per uccidere imprenditore. «I killer dovevano venire da Catania»


di Redazione

Niscemi, progetto per uccidere imprenditore. «I killer dovevano venire da Catania»
cronaca
21 Dic 2023

Colpo all’organizzazione mafiosa che operava tra Niscemi e Gela con 29 misure cautelari eseguite dai Carabinieri sotto il coordinamento della direzione distrettuale Antimafia di Caltanissetta. Un sodalizio attivo sul territorio attraverso la commissione di delitti contro la persona e il patrimonio, nonché in materia di detenzione di armi. I dettagli dell’operazione, nome in codice «Mondo Opposto», sono stati svelati stamane.

Venticinque le persone finite in carcere, tre agli arresti domiciliari, tra cui due donne, e per un altro indagato, un carabiniere, è stata disposta la sospensione dall’esercizio delle funzioni.

I nomi degli indagati.

Questi i nomi degli indagati, resi noti stamane dagli inquirenti: Andrea Abaco, 27 anni; Francesco Amato di 43; Giuseppe Auteri di 42 (Palagonia); Emanuele Burgio, 51 anni (Gela); Luigi Cannizzaro, 59 anni (Gela); Vincenzo Cannizzaro, 35 anni (Gela); Francesco Cantaro, 47 anni; Giuseppe Carbone, 44 anni; Francesco Cona, 26 anni; Davide Cusa, 30 anni; René Salvatore Di Stefano, 33 anni; Alessandro Fausciana 45 anni (Mazzarino); Gaetano Fausciana, 54 anni (Mazzarino); Salvatore Fausciana, 24 anni (Mazzarino); Gianni Ferranti, 64 anni; Giovanni Ferranti, 40 anni; Salvatore Giugno, 55 anni; Giuseppe Manduca, 57 anni; Alberto Musto, 37 anni; Sergio Musto, 35 anni; Francesco Piazza, 59 anni; Antonio Pittalà, 32 anni (Caltagirone); Salvatore Signorino Pittalà, 61 anni (Caltagirone); Carmelo Raniolo, 49 anni (Gela); Paolo Rizzo, 69 anni; Francesco Alessio Carmelo Maria Torre, 46 anni; Carlo Zanti, 69 anni.

La conferenza stampa.

«Non si tratta – dice il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca – della solita operazione antimafia, non che “solita” sia offensivo, ma questa attuale ha delle peculiarità assolutamente chiare. Dobbiamo riaffermare che Cosa Nostra, che è sul territorio da circa 160 anni, non è un comitato d’affari ma è mondo opposto. Il fatto più grave è quello ricondotto a colui che è stato ritenuto il capo mandamento di Gela, Alberto Musto: Il progettato omicidio di un imprenditore, che aveva osato denunciarlo circa 10 anni prima». «Non si tratta – aggiunge – solo di chiacchiere o di un moto di rabbia. Perché il progetto dell’uccisione è stato fermato solo grazie alla tempestività delle forze di polizia che sono sempre state accanto alla Dda. Si tratta di un progetto di omicidio in relazione al quale c’era già l’autista pronto su un’auto rubata. Una delle pistole doveva essere fornita dai presunti killer che arrivavano da Catania. Doveva essere un omicidio che avrebbe dovuto avere una funzione punitiva. I fratelli Sergio e Alberto Musto provavano un odio profondo per questo soggetto che aveva contribuito a fare condannare Alberto».

«Ma non aveva – dice De Luca – solo una funzione di vendetta. Vi è una frase in cui Musto afferma ‘punirne uno per educarne cento. Non è possibile che qualcuno denunci e rimanga impunito perché altri potrebbero seguirlo a ruota’».

Nel corso della conferenza, gli inquirenti, si sono soffermati sulla caratura di alcuni dei 29 indagati.

«Uno dei presunti esecutori – prosegue il procuratore – aveva un precedente specifico per tentato omicidio aggravato. Sono arrivati con passamontagna e una rivoltella. Avevano chiesto un’altra pistola ad Alberto Musto che sul momento aveva manifestato delle perplessità per il fatto che i killer non avessero le idee chiare sull’identità della vittima e perché lo avevano contattato prima telefonicamente sebbene con telefono di altro soggetto. Erano stati ripresi dalle telecamere in due occasioni».

«Musto – secondo quanto emerge – avrebbe dunque ritenuto opportuno di posticipare di qualche giorno».

Il nucleo operativo dei carabinieri di Gela, in quella circostanza, aveva fatto intervenire la Guardia di Finanza che aveva fermato il soggetto alla guida dell’auto che si è dato alla fuga e si era disfatto della pistola, poi ritrovata dagli investigatori.

«Ma i fratelli Musto – afferma – e in particolare Alberto, secondo le denunce successive dell’imprenditore avevano continuato con una serie di minacce esplicite. Ogni volta che lo incontravano lo minacciavano. E in più vi erano stati contatti con le famiglie di Gela affinché venisse portato a termine l’omicidio. Musto è rimasto fermo nell’intento di uccidere. Tutto questo dopo essere stato scarcerato a seguiti di un lungo periodo di detenzione e sottoposto a misure di prevenzione. Contemporaneamente gli era stato conferito il ruolo di capo mandamento di Gela».

Ex poliziotto e carabiniere coinvolti.

Secondo quanto emerge dalle indagini un poliziotto in pensione e un carabiniere sono coinvolti nel blitz. All’ex agente, Salvatore Giugno, di 55 anni, il gip ha applicato i domiciliari poiché, «nella sua qualità di ex appartenente alla Polizia di Stato, già in servizio presso la sezione di Polizia Giudiziaria del Commissariato di Gela, e dunque di fonte conoscitiva particolarmente qualificata in ragione della pregressa posizione istituzionale, consapevole della caratura criminale di Alberto Musto e Carlo Zanti, si metteva a disposizione del sodalizio capeggiato da Musto per fornire notizie in ordine a indagini in corso, operazioni preventive in preparazione ed iniziative di polizia in danno dei sodali, in tal modo rendendo più sicuri i piani criminali del gruppo e favorendone l’ideazione e l’esecuzione».

Sospeso dal servizio l’appuntato dei Carabinieri Giuseppe Carbone, 46 anni, il quale avrebbe aiutato il presunto capo dell’organizzazione criminale Alberto Musto e i suoi sodali comunicando alcuni dettagli delle perquisizioni effettuate nei confronti di altri due indagati coinvolti nella stessa inchiesta.

Dalle carte dell’inchiesta emerge anche una certa tracotanza nell’agire da parte di alcuni componenti del gruppo disarticolato dai Carabinieri.

Avevano preso di mira alcuni rappresentanti delle forze di polizia in servizio a Niscemi. A uno avevano fatto trovare una testa di maiale davanti casa, ad un altro avrebbero dovuto sparare con un fucile caricato a pallettoni. Nei confronti degli esponenti delle forze dell’ordine gli indagati esprimevano frasi di estremo rancore e disprezzo Alcuni erano lì pronti a pedinare i poliziotti e stavano dinnanzi alla caserma e al commissariato per vedere chi passava. È stato anche accertato che i summit di mafia avvenivano sempre all’aperto e le conversazioni erano brevissime. Accorgimenti allo scopo di eludere le indagini.


Redazione
Today 24 è un quotidiano on line indipendente, fondato nel 2014 da Massimo Sarcuno. Ogni giorno racconta i fatti e le notizie di Gela, Niscemi, Riesi, Butera, Mazzarino e di molti altri comuni del comprensorio. In particolare l’area del Vallone.